Area clinica
2.13.10
Cure palliative e la resilienza del caregiver (2013)
Responsabile del Polo
Coordinatori del Progetto
Abstract
L’interesse per la resilienza in ambito infermieristico è in costante aumento come testimoniano:
- l’aumento di articoli sul tema. Infatti, da una ricerca effettuata nelle banche dati Pubmed e Cinahl cercando articoli su riviste infermieristiche che hanno nel titolo “resilience” pubblicati dal 1981 ad oggi, si è visto che il 22% di tali articoli è datato 2011 e primi 11 mesi del 2012 (al 19 novembre 2012 reperiti 199 articoli: 160 da Pubmed e 39 da Cinahl);
- l’assegnazione da parte di Pubmed del MeSH Resilience, Psychological nell’anno 2009;
-l’inclusione nell’agosto 2009 da parte della North American Nursing Diagnosis Association della resilienza tra le diagnosi infermieristiche nel gruppo “Integrità dell'Io” (Ego – Integrity) vale a dire tra le “capacità di sviluppare e utilizzare le competenze e comportamenti per integrare e gestire esperienze di vita”.
Lo studio propone l’applicazione del costrutto resilenza al caregiver informale che agisce in cure palliative e si propone di individuare le condizioni personali, di setting e, più in generale, assistenziali che favoriscono una gestione dell’evento malattia che associ all’inevitabile danno un possibile beneficio
lan�<-BP� ��� ont-family:"Times New Roman","serif";mso-ansi-language: EN-GB'>. Ann Ig. 2006 May-Jun;18(3):225-35.
Background
Definizione preliminare di “resilienza”:
Questo lavoro si interessa della relazione che intercorre tra la resilienza e l’attività assistenziale prestata alla persona assistita in cure palliative dal caregiver primario (1). L’ambito è, allo stato attuale, poco indagato e non è reperibile una definizione appositamente elaborata quindi, ai fini dello studio, si adotta quella più prossima, per oggetto e circostanze: “la resilienza è la capacitàdegli adulti, esposti a un evento isolato e potenzialmente molto distruttivo come la morte di un parente o una situazione di violenza o di pericolo di vita, dimantenere relativamente inalterati e stabili i livelli di funzionalità psicologica e fisica, nonché la capacità di generare esperienze ed emozioni positive”. (Bonanno, 2004)
(1) caregiver informale di riferimento
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Al rapido modificarsi dello scenario economico e demografico conseguono adeguamenti strutturali e organizzativi dei sistemi sanitari tesi a soddisfare la crescente esigenza di soluzione dei problemi di salute e la razionalizzazione dei costi. In questo quadro si ridefiniscono i processi di cura, i ruoli degli attori che, a diverso titolo, vi partecipano e gli stessi paradigmi assistenziali. L’interesse per la resilienza nasce dalla necessità di favorire la risoluzione delle difficoltà connesse ai problemi di salute, di ridurre la sofferenza che questi generano e di trarre un possibile beneficio dalla esperienza di superamento delle avversità. La promozione del processo resiliente aumenta la possibilità di sostegno dell’infermiere al caregiver e potenzia il valore dell’esperienza assistenziale di quest’ultimo. Conoscere la capacità di resilienza è determinante per il professionista responsabile dell’assistenza. Affinché si progettino e si attuino interventi sulla resilienza del caregiver in cure palliative occorre una specifica conoscenza del fenomeno che è stato sino ad ora poco studiato e presenta delle particolarità riconducibili alla natura stessa del costrutto e al campo nel quale lo si vuole applicare.
I presupposti dello studio relativamente al costrutto e al campo nel quale si intende indagarlo sono i seguenti:
§ Il costrutto di resilienzaè di difficile definizione sia per la diversità degli approcci disciplinari sottostanti alle molte formulazioni che per l’evoluzione del concetto (Luthar, et al. 2000; Masten, 2007). Non c’è consenso su una sola definizione operativa ( Oak Foundation, 2007) e, anche se il problema è contenuto dall’uso di domini simili (Herman et al 2011), vi sono ampie aree di intersezione semantica e di contenuto (Shaikh et al. 2010). Uno dei punti su cui convergono gli studiosi è la necessità della presenza di un evento avverso, affinché il processo resiliente abbia luogo, ma l’attribuzione del significato di avversità all’evento e la stima della sua gravità sono soggettive. A determinarle sono il carattere dell’individuo e la storia personale oltre al contesto e alla cultura (Ungar 2008a, 2008b). La natura multidimensionale e multideterminata del costrutto (Rutter, 2006) produce un numero elevato di possibili percorsi attraverso i quali si realizza la resilienza (Luthar et al.1993)
§ L’assistenza erogata in cure palliativepresenta delle peculiarità che ne fanno un particolare ed interessante settore di indagine clinico e organizzativo. Difatti al contrario di quanto accade in qualsiasi altro ambito assistenziale, nella palliazione, i riferimenti comuni per la definizione degli outcomes attesi, vale a dire, la diminuzione di morbilità e mortalità, vengono meno dando luogo ad un processo in cui assumono particolare importanza le finalità e gli esiti delle singole attività.
La loro analisi e la comparazione con quelle equivalenti svolte in altri settori assistenziali permette di isolare e rendere evidenti sia gli aspetti prettamente organizzativi e professionali che quelli relazionali e di contesto di solito intimamente connessi e difficilmente districabili. Nello specifico l’assenza di previsioni di guarigione o miglioramento dell’assistito permette una migliore approssimazione delle stime di influenza del setting nel determinare e modificare il processo resiliente “al netto” della quota di aspettative di guarigione nutrite dal carigever. A sostegno dell’opportunità dello studio vi sono, non ultime, le evidenze sul beneficio che il caregiver trae dal prestare assistenza a persone in condizioni terminali. Nei caregivers di questi assistiti, vi è un incremento del senso di padronanza (Given et al., 2006; Nijboer, et al., 1998), della soddisfazione percepita, del senso di crescita personale e di scopo dell’esistenza (Haley, 2003).La percezione negativa dell’esperienza è attenuata dal prendersi cura del proprio caro (Given et al, 2006) e vi sono evidenze tra i caregivers di pazienti oncologici di una crescita psicologica positiva conseguente al trauma della quale sarebbero predittori: un basso livello di istruzione, l’attività lavorativa, l’attuazione di alcune strategie di coping e la fede religiosa (Haley, 2003; Kim et al. 2008; Nijboer et al 1998). Altre ricadute positive sono: aumento dell’autostima (Haley, 2003; Kim et al, 2008 Nijboer et al 1998) della soddisfazione per se stessi (Given et al, 2006 Haley, 2003 Kim et al, 2008; Nijboer et al 1998). Alcuni studi hanno evidenziato l’assunzione di un comportamento proattivo nei caregiver di pazienti oncologici con cambiamenti dello stile di vita positivi: una dieta migliore, maggiore esercizio fisico, un ricorso più frequente allo screening (Kim et al, 2008; Golant, et al. 2008).
Le attuali teorizzazioni del processo di reintegrazione resiliente non sono applicabili ai caregiver dei morenti in quanto formulate in seguito a studi condotti su soggetti e in condizioni sostanzialmente differenti. Per gli stessi motivi la revisione della letteratura non indica elementi sicuramente implicati nel processo, quanto piuttosto, aree di interesse all’interno delle quali effettuare la ricerca.
Attualmente le conoscenze circa il fenomeno della resilienza del caregiver che assiste la persona in cure palliative sono molto carenti. In particolare è necessario definirne le caratteristiche individuali e gli elementi di contesto che lo condizionano.
Obiettivi di progetto
Obiettivi generali
Lo studio si propone di definire il fenomeno della resilienza connesso all’attività assistenziale prestata al morente dal caregiver principale evidenziandone gli elementi costituenti, le condizioni favorenti o inibenti e le modalità con cui si attua.
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Obiettivi specifici
§ Valutare, nei caregiver delle persone in cure palliative, la correlazione tra aspetti cognitivi, emotivi, spirituali e comportamentali e con il livello di resilienza;
§ Determinare il tipo ed i requisiti del setting assistenziale che favoriscono la resilienza del caregiver principale del morente;
§ Stabilire la qualità della vita del caregiver principale della persona in cure palliative in relazione al livello di resilienza;
§ Riscontrare eventuali relazioni, non previste dagli obiettivi precedenti, tra le variabili;
§ Formulare un’ipotesi teorica sulla resilienza del caregiver principale della persona assistita in cure palliative.
Indicatori
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valori delle statistiche applicate: l’analisi prevede statistiche descrittive e correlazionali, analisi della varianza, regressione, analisi fattoriale esplorativa e confermativa, modelli di equazioni strutturalityl� ot� ��� Times New Roman","serif"'> presenta delle peculiarità che ne fanno un particolare ed interessante settore di indagine clinico e organizzativo. Difatti al contrario di quanto accade in qualsiasi altro ambito assistenziale, nella palliazione, i riferimenti comuni per la definizione degli outcomes attesi, vale a dire, la diminuzione di morbilità e mortalità, vengono meno dando luogo ad un processo in cui assumono particolare importanza le finalità e gli esiti delle singole attività.
Metodologia
Scelta del tipo di disegno.
Lo studio è finalizzato alla analisi della resilienza espressa in condizioni particolari e quindi deve tenere conto sia dello stato dell’arte riguardante la metodologia ed i risultati conseguiti in altri ambiti, che dei vincoli specifici alla sua manifestazione imposti dalle cure palliative (vedi “individuazione del problema”). Va anche ricordato che la resilienza è stata studiata applicando, inizialmente, una metodologia prevalentemente fenomenologica per individuare “in vivo” quali fossero le caratteristiche resilienti, ed in seguito un approccio influenzato dalla psicologia positiva, umanistica e di comunità teso a descrivere come queste erano strutturate internamente e tra loro (Richardson EG, 2002). La tendenza attuale è alla interdisciplinarità degli studi, al superamento dei paradigmi sino ad ora usati o all’uso di più paradigmi contemporaneamente con l’intento di cogliere la complessità del costrutto e la sua dipendenza dal contesto (Shaikh et al. 2010). E’ comunque necessario osservare che in presenza di riferimenti riconducibili quasi esclusivamente ad ambiti molto diversi da quello di studio occorra, prima di una analisi articolata che lasci spazio alle soggettività, stabilire quali argomenti, con quali modalità e in quale misura si possono ritenere generalizzabili nella definizione del fenomeno.
Disegno dello studio:
studio quantitativo multicentrico effettuato presso domicili, e hospice
Campione
Il campionamento è di tipo non probabilistico di convenienza. Criteri di inclusione: rilascio consenso; essere caregiver principale; almeno 2 settimane di assistenza prestata a persona assistita in cure palliative (indipendentemente dal setting ma specificandone il tipo ed il tempo trascorso in ciascuno nel caso si siano avvicendati); informato di diagnosi e di prognosi.
Strumenti
questionario auto / etero – somministrato contenente scale di valutazione validate e domande chiuse. Supporto cartaceo
-bidi-�B-t� ��� l'>Stabilire la qualità della vita del caregiver principale della persona in cure palliative in relazione al livello di resilienza;
§ Riscontrare eventuali relazioni, non previste dagli obiettivi precedenti, tra le variabili;
§ Formulare un’ipotesi teorica sulla resilienza del caregiver principale della persona assistita in cure palliative.
Indicatori
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valori delle statistiche applicate: l’analisi prevede statistiche descrittive e correlazionali, analisi della varianza, regressione, analisi fattoriale esplorativa e confermativa, modelli di equazioni strutturalityl� ot� ��� Times New Roman","serif"'> presenta delle peculiarità che ne fanno un particolare ed interessante settore di indagine clinico e organizzativo. Difatti al contrario di quanto accade in qualsiasi altro ambito assistenziale, nella palliazione, i riferimenti comuni per la definizione degli outcomes attesi, vale a dire, la diminuzione di morbilità e mortalità, vengono meno dando luogo ad un processo in cui assumono particolare importanza le finalità e gli esiti delle singole attività.
La loro analisi e la comparazione con quelle equivalenti svolte in altri settori assistenziali permette di isolare e rendere evidenti sia gli aspetti prettamente organizzativi e professionali che quelli relazionali e di contesto di solito intimamente connessi e difficilmente districabili. Nello specifico l’assenza di previsioni di guarigione o miglioramento dell’assistito permette una migliore approssimazione delle stime di influenza del setting nel determinare e modificare il processo resiliente “al netto” della quota di aspettative di guarigione nutrite dal carigever. A sostegno dell’opportunità dello studio vi sono, non ultime, le evidenze sul beneficio che il caregiver trae dal prestare assistenza a persone in condizioni terminali. Nei caregivers di questi assistiti, vi è un incremento del senso di padronanza (Given et al., 2006; Nijboer, et al., 1998), della soddisfazione percepita, del senso di crescita personale e di scopo dell’esistenza (Haley, 2003).La percezione negativa dell’esperienza è attenuata dal prendersi cura del proprio caro (Given et al, 2006) e vi sono evidenze tra i caregivers di pazienti oncologici di una crescita psicologica positiva conseguente al trauma della quale sarebbero predittori: un basso livello di istruzione, l’attività lavorativa, l’attuazione di alcune strategie di coping e la fede religiosa (Haley, 2003; Kim et al. 2008; Nijboer et al 1998). Altre ricadute positive sono: aumento dell’autostima (Haley, 2003; Kim et al, 2008 Nijboer et al 1998) della soddisfazione per se stessi (Given et al, 2006 Haley, 2003 Kim et al, 2008; Nijboer et al 1998). Alcuni studi hanno evidenziato l’assunzione di un comportamento proattivo nei caregiver di pazienti oncologici con cambiamenti dello stile di vita positivi: una dieta migliore, maggiore esercizio fisico, un ricorso più frequente allo screening (Kim et al, 2008; Golant, et al. 2008).
Le attuali teorizzazioni del processo di reintegrazione resiliente non sono applicabili ai caregiver dei morenti in quanto formulate in seguito a studi condotti su soggetti e in condizioni sostanzialmente differenti. Per gli stessi motivi la revisione della letteratura non indica elementi sicuramente implicati nel processo, quanto piuttosto, aree di interesse all’interno delle quali effettuare la ricerca.
Attualmente le conoscenze circa il fenomeno della resilienza del caregiver che assiste la persona in cure palliative sono molto carenti. In particolare è necessario definirne le caratteristiche individuali e gli elementi di contesto che lo condizionano.
Risultati attesi
Rilevanza
Le conoscenze inerenti il costrutto resilienza, hanno profonde implicazioni assistenziali,che riguardano tutti gli attori del setting di cure palliative.
Sinteticamente si possono ricondurre a tre ambiti di studio:
• Clinico – organizzativo: studi sulle condizioni e sulle dinamiche del setting di cure palliative nel processo di reintegrazione resiliente;
• Etico: studi sul valore personale e professionale del processo di resilienza per l’infermiere;
• Formativo: studi sull’applicazione del concetto e del processo di resilienza nella formazione infermieristica in ambito palliativo.
Riscontrare eventuali relazioni, non previste dagli obiettivi precedenti, tra le variabili;
§ Formulare un’ipotesi teorica sulla resilienza del caregiver principale della persona assistita in cure palliative.
Indicatori
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valori delle statistiche applicate: l’analisi prevede statistiche descrittive e correlazionali, analisi della varianza, regressione, analisi fattoriale esplorativa e confermativa, modelli di equazioni strutturali presenta delle peculiarità che ne fanno un particolare ed interessante settore di indagine clinico e organizzativo. Difatti al contrario di quanto accade in qualsiasi altro ambito assistenziale, nella palliazione, i riferimenti comuni per la definizione degli outcomes attesi, vale a dire, la diminuzione di morbilità e mortalità, vengono meno dando luogo ad un processo in cui assumono particolare importanza le finalità e gli esiti delle singole attività.
La loro analisi e la comparazione con quelle equivalenti svolte in altri settori assistenziali permette di isolare e rendere evidenti sia gli aspetti prettamente organizzativi e professionali che quelli relazionali e di contesto di solito intimamente connessi e difficilmente districabili. Nello specifico l’assenza di previsioni di guarigione o miglioramento dell’assistito permette una migliore approssimazione delle stime di influenza del setting nel determinare e modificare il processo resiliente “al netto” della quota di aspettative di guarigione nutrite dal carigever. A sostegno dell’opportunità dello studio vi sono, non ultime, le evidenze sul beneficio che il caregiver trae dal prestare assistenza a persone in condizioni terminali. Nei caregivers di questi assistiti, vi è un incremento del senso di padronanza (Given et al., 2006; Nijboer, et al., 1998), della soddisfazione percepita, del senso di crescita personale e di scopo dell’esistenza (Haley, 2003).La percezione negativa dell’esperienza è attenuata dal prendersi cura del proprio caro (Given et al, 2006) e vi sono evidenze tra i caregivers di pazienti oncologici di una crescita psicologica positiva conseguente al trauma della quale sarebbero predittori: un basso livello di istruzione, l’attività lavorativa, l’attuazione di alcune strategie di coping e la fede religiosa (Haley, 2003; Kim et al. 2008; Nijboer et al 1998). Altre ricadute positive sono: aumento dell’autostima (Haley, 2003; Kim et al, 2008 Nijboer et al 1998) della soddisfazione per se stessi (Given et al, 2006 Haley, 2003 Kim et al, 2008; Nijboer et al 1998). Alcuni studi hanno evidenziato l’assunzione di un comportamento proattivo nei caregiver di pazienti oncologici con cambiamenti dello stile di vita positivi: una dieta migliore, maggiore esercizio fisico, un ricorso più frequente allo screening (Kim et al, 2008; Golant, et al. 2008).
Le attuali teorizzazioni del processo di reintegrazione resiliente non sono applicabili ai caregiver dei morenti in quanto formulate in seguito a studi condotti su soggetti e in condizioni sostanzialmente differenti. Per gli stessi motivi la revisione della letteratura non indica elementi sicuramente implicati nel processo, quanto piuttosto, aree di interesse all’interno delle quali effettuare la ricerca.
Attualmente le conoscenze circa il fenomeno della resilienza del caregiver che assiste la persona in cure palliative sono molto carenti. In particolare è necessario definirne le caratteristiche individuali e gli elementi di contesto che lo condizionano.
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