Area etica professionale
2.13.6
Infermiere di famiglia/comunità (2013)
Responsabile del Polo
Coordinatori del Progetto
Abstract
Background: In Italia sono stati fatti vari tentativi di inserimento della figura professionale dell’infermiere di famiglia e di comunità nel Sistema Sanitario, senza però giungere ad una “ratifica ufficiale”. Purtuttavia, a livello locale, nel campo delle cure primarie sono attualmente attive alcune sperimentazioni che delineano nuove competenze per l’infermiere nel sistema delle cure territoriali.
Obiettivi: Il principale obiettivo è di individuare profili di competenza e di pratica per l’infermiere di famiglia e di comunità. A tal fine, sarà condotta una ricerca che permetterà di ricostruire i modelli organizzativi presenti in alcuni casi regionali e l’offerta formativa, per giungere alla definizione di competenze, funzioni e ambiti di lavoro. Inoltre sarà realizzata una sperimentazione di “Infermiere di Famiglia” presso alcune famiglie e case-famiglia residenti nel territorio del II Municipio di Roma, per misurare il miglioramento dell’assistenza ai cittadini, in termini di salute aggiunta.
Metodi: Studio quantitativo attraverso survey online su un campione di infermieri che hanno svolto una formazione post-laurea di infermieristica di famiglia e di comunità (o titolo equipollente). Studio qualitativo su 9 casi regionali (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia). In ogni Regione, sarà scelta un’Azienda sanitaria che presenta uno sviluppo avanzato o innovativo dei servizi infermieristici territoriali. Per ogni ASL, saranno svolte circa 10-15 interviste semi-strutturate a tre tipologie di testimoni: responsabili del servizio infermieristico e delle cure primarie afferenti all’azienda sanitaria e ai distretti; infermieri che prestano la loro opera nei servizi socio-sanitari distrettuali; pazienti e caregiver che usufruiscono dei servizi infermieristici territoriali. Per quanto riguarda la sperimentazione di “Infermiere di Famiglia”, un’Infermiera esperta prenderà in carico alcune famiglie e 2 case-famiglia del II Municipio di Roma, utilizzando la metodologia e gli strumenti del modello Family Health Nurse (2000), il cui quadro di riferimento è il documento “Salute per tutti nel XXI secolo” dell’OMS, con la collaborazione dell’AIFeC (Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunità), del Servizio Infermieristico e alcuni MMG dell’Azienda USL Roma A, delle Società Cooperative Sociali ONLUS “Perla” e “Il Raggio”, che gestiscono le case-famiglia “Casa Sirio” rispettivamente di via Amatrice e di via F. Tozzi.
Risultati attesi: Proposta di definizione di competenze, funzioni e aree di intervento per l’infermiere di famiglia e quello di comunità, come figure unificate per competenze generali, ma potenzialmente distinte per funzioni. Ciò permetterà di individuare profili professionali per la pratica infermieristica di famiglia e quella di comunità, ma anche di misurare il miglioramento dell’assistenza ai cittadini, in termini di salute aggiunta, determinato dall’intervento dell’Infermiere di Famiglia.
Parole chiave: infermiere di famiglia, infermiere di comunità, cure primarie, profili professionali
Background
È trascorso oltre un decennio da quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito il ruolo di una nuova figura professionale centrale per l’assistenza di base, l’infermiere di famiglia:
WHO – Health 21 (La salute per tutti nel 21° secolo) Obiettivo 15 – “In molti Stati Membri è necessaria una maggiore integrazione del settore sanitario, con un’attenzione particolare all’assistenza sanitaria di primo livello. Al centro dovrebbe collocarsi un infermiere di famiglia adeguatamente formato, in grado di offrire consigli sugli stili di vita, sostegno alla famiglia e servizi di assistenza domiciliare per un numero limitato di famiglie. Servizi più specializzati dovrebbero essere offerti da un medico di famiglia che, insieme all’infermiere, dovrebbe interagire con le strutture della comunità locale sui problemi di salute. Dovrebbe essere prerogativa di ciascun cittadino la libertà di scelta di queste due figure, che dovrebbero occuparsi anche del sostegno attivo all’autocura.
Politiche e programmi sanitari di comunità dovrebbero assicurare il coinvolgimento sistematico delle istituzioni locali e delle Organizzazioni Non Governative nel promuovere stili di vita sani, un ambiente più sano nonché un sistema sanitario e sociale efficiente a livello locale. Tale approccio svilupperebbe significativamente la prevenzione delle malattie e delle lesioni e assicurerebbe il trattamento precoce ed efficace di tutti quei pazienti che non necessitano di assistenza ospedaliera. Le strutture per anziani e le altre strutture di lungodegenza dovrebbero avere una maggiore “atmosfera casalinga” ed essere affidate alla responsabilità della comunità locale”.
Da allora, in Italia sono stati fatti vari tentativi di inserimento di questa figura professionale nel Sistema Sanitario, senza però mai giungere ad una “ratifica ufficiale”. Purtuttavia, a livello locale, nel campo delle cure primarie sono attualmente attive alcune sperimentazioni che delineano nuove competenze per l’infermiere del territorio; sperimentazioni più o meno assimilabili al profilo dell’infermiere di famiglia e di comunità.
Nel processo di riorganizzazione del sistema sanitario nazionale, che a fronte di una riduzione di servizi ospedalieri dovrà necessariamente prevedere un potenziamento dei servizi sanitari territoriali e delle cure primarie, l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità potrebbe costituire una soluzione efficace per garantire la continuità assistenziale e l’integrazione socio-sanitaria.
Osservando le esperienze internazionali, l’infermieristica di famiglia e di comunità risulta già integrata nel sistema di cure primarie (es. Canada, Australia, Stati Uniti…). In Italia, le realtà locali in cui tale figura è stata introdotta in via sperimentale evidenziano un impatto positivo in termini di riduzione degli accessi inappropriati al Pronto Soccorso e di soddisfazione degli assistiti.
Le aree di intervento per l’infermieristica di famiglia e di comunità che emergono dalla ricognizione delle esperienze nazionali e internazionali sono riconducibili a tre: l’assistenza infermieristica domiciliare rivolta al paziente post- acuto o cronico con elevati bisogni assistenziali e al nucleo famigliare; le attività di ricerca, promosse attraverso indagini epidemiologiche di comunità; la promozione di azioni educative e preventive, nonché assistenziali e ambulatoriali (“presa in carico leggera”), rivolte al paziente cronico in buona salute e potenzialmente estensibile a tutta la popolazione.
Sulla base della specializzazione di queste aree di intervento, si potrebbero delineare due profili professionali peculiari per l’infermiere di famiglia e quello di comunità.
L’infermiere di famiglia potrebbe rivolgere la sua azione a livello individuale, aiutando gli individui ad affrontare la malattia e la disabilità cronica, nei periodi difficili, lavorando sia presso gli ambulatori, sia a domicilio dei pazienti ed instaurando una stretta relazione con il paziente e con i familiari. L’infermiere di comunità potrebbe agire sulla collettività, svolgendo attività di prevenzione, informando sui fattori di rischio legati agli stili di vita e ai comportamenti e promuovendo interventi educativi e di sanità d’iniziativa rivolti a tutta la popolazione.
Pertanto, a seguito di una preparazione specifica, l’infermiere di famiglia e di comunità sarà in grado di agire sul territorio, come facilitatore di connessione sistemica, poichéconoscendo la mappa dei servizi sociali potrà instaurare un rapporto diretto, non solo con il malato, ma anche con la persona sana, occupandosi delle sue necessità, e aiutandolo insieme con la sua famiglia ad evitare rischi sanitari. L’infermieristica di famiglia e di comunità contribuisce a facilitare le dimissioni precoci dagli ospedali, fornendo assistenza infermieristica a domicilio ed agendo da tramite tra la famiglia e il medico di medicina generale.
Obiettivi di progetto
Obiettivi generali.
1. Ricostruzione dei modelli internazionali e nazionali di infermieristica di famiglia e quella di comunità.
2. Individuazione dell’attuale presenza dell’infermieristica di famiglia e di comunità nei sistemi sanitari regionali, attraverso la ricostruzione dei modelli organizzativi, gli ambiti di attività, i servizi erogati, la soddisfazione dei pazienti e delle famiglie.
3. Mappatura dell’offerta formativa post-laurea a livello nazionale e ricognizione dell’inserimento e delle condizioni lavorative degli infermieri specializzati.
4. Valutazione dell’impatto dell’Infermiere di Famiglia su un numero limitato di famiglie, in termini di appropriatezza dell’intervento e di salute aggiunta per quei cittadini.
Obiettivi specifici.
1.1.Analisi della letteratura internazionale e nazionale e della normativa sulle figure dell’infermiere di famiglia e di comunità.
1.2. Identificazione di due profili distinti per l’infermieristica di famiglia e di comunità, rispetto a formazione, competenze, bisogni di assistenza, attività e impiego nei servizi territoriali.
2.1. Ricostruzione dei modelli organizzativi dei servizi infermieristici territoriali nei casi regionali selezionati.
2.2. Approfondimento qualitativo nei casi regionali, attraverso interviste semi-strutturate a tre tipologie di testimoni: responsabili del servizio infermieristico e delle cure primarie afferenti all’azienda sanitaria e ai distretti; infermieri che prestano la loro opera nei servizi socio-sanitari distrettuali; pazienti e care giver che usufruiscono dei servizi infermieristici territoriali.
3.1. Individuazione e confronto fra le diverse proposte formative post-laurea attivate in Italia negli ultimi 10 anni: durata, CFU, aree disciplinari, ecc.
3.2. Campionamento di infermieri con formazione specifica in infermieristica di famiglia e di comunità e svolgimento di una survey online volta ad approfondire: condizioni lavorative, tipo di attività svolte, rapporto con colleghi infermieri e con MMG, rapporto con pazienti e care giver, soddisfazione lavorativa, bisogni formativi.
4.1. Sperimentazione della metodologia e degli strumenti del modello Family Health Nurse su alcune famiglie, in collaborazione con i rispettivi MMG, con il supporto e la consulenza dell’AIFeC e del Servizio Infermieristico dell’Azienda USL Roma A.
4.2. Valutazione di efficacia dell’intervento dell’Infermiere di Famiglia attraverso l’impiego di strumenti di misurazione concernenti l’autonomia, la salute e la qualità di vita dei membri delle famiglie.
4.3. Valutazione del contenimento della spesa sanitaria, in termini di riduzione delle complicanze e dei ricoveri ospedalieri.
Metodologia
1. Co-istituzione delle informazioni elementari
1.1.Elaborazione del progetto di sperimentazione del modello Family Health Nurse a partire dalla ricostruzione dei modelli internazionali e nazionali di infermieristica di famiglia e di comunità, attraverso l’analisi della letteratura e della normativa, finalizzata all’individuazione di profili professionali, percorso formativo, tipo di competenze, attività svolte, metodologia e strumenti utilizzati.
1.2.Ricostruzione dei modelli organizzativi dei servizi infermieristici territoriali nei 9 casi regionali selezionati, considerando un’Azienda sanitaria che presenta uno sviluppo avanzato o innovativo dei servizi infermieristici territoriali e per ogni ASL le realtà distrettuali più originali (presenza di dipartimenti, UO semplici o complesse; organizzazione distrettuale della sanità territoriale; progetti specifici di sanità d’iniziativa, ecc.).
1.3.Approfondimento qualitativo nei casi regionali, attraverso interviste semi-strutturate (da 10 a 15 interviste per Regione) a tre tipologie di testimoni significativi:
- responsabili del servizio infermieristico e delle cure primarie afferenti all’azienda sanitaria e ai distretti; responsabili del Dipartimento o UO Cure primarie; responsabili dei distretti socio-sanitari;
- infermieri che prestano la loro opera nei servizi socio-sanitari distrettuali (es. ambulatori infermieristici; SID) e in modelli strutturali più innovativi (ospedali di comunità, nuclei cure primarie, case della salute, UTAP, o altre tipologie di unità complesse di cure primarie);
- pazienti e care giver che usufruiscono dei servizi infermieristici di famiglia e di comunità.
1.4.Individuazione e confronto fra le diverse proposte formative post-laurea attivate in Italia negli ultimi 10 anni: durata, CFU, aree disciplinari, ecc.
1.5.Attraverso il coinvolgimento dei Collegi Ipasvi, costruzione di un campione di infermieri che abbiano ottenuto una formazione specialistica post-laurea in infermieristica di famiglia e di comunità o titoli assimilabili.
1.6.Elaborazione di un’intervista strutturata che tenga conto delle indicazioni emerse dall’indagine qualitativa (rispetto a questioni tematiche e denominazioni/linguaggio riferibili ai diversi contesti regionali) e svolgimento di una web survey volta ad approfondire:
- condizioni lavorative: rapporto contrattuale, datore di lavoro, servizi di impiego, carico lavorativo, coerenza con formazione ricevuta, bisogni formativi e strumentali;
- tipo di attività svolte: funzioni di care manager; attività in UVM; attività di sanità di iniziativa (es. per patologie croniche), attività di educazione/prevenzione; attività di cura, riabilitazione post-chirurgica; attività di ricerca, studi epidemiologici;
- rapporto con colleghi infermieri;
- rapporto con MMG;
- rapporto con pazienti e care giver;
- soddisfazione lavorativa (stress, burn-out…).
1. Trattamento ed elaborazione
1.1.Analisi del contenuto delle interviste.
1.2.Trattamento statistico dei dati ottenuti dalla survey online attraverso il programma SPSS.
1.3.Analisi dei dati sull’esperienza di Infermiere di Famiglia, al termine di 10 mesi di sperimentazione, riguardanti:
- l’attività dell’infermiere di famiglia, con le famiglie, il MMG, il Servizio Sociale e la rete distrettuale;
- la salute e il benessere delle famiglie;
- i costi dell’intervento e i costi evitati.
2. Interpretazione:
3.1.Analisi della letteratura, normativa e dell’offerta formativa volte all’identificazione di due profili distinti per l’infermieristica di famiglia e di comunità, rispetto a formazione, competenze, bisogni di assistenza, attività e impiego nei servizi territoriali.
3.2. Analisi del contenuto delle interviste finalizzata all’individuazione di punti forza/criticità dei seguenti aspetti: modelli organizzativi dell’infermieristica territoriale; inserimento professionale degli infermieri di famiglia e di comunità, coerenza con la formazione; rapporto tra infermieri e MMG; soddisfazione degli infermieri; soddisfazione dei pazienti e delle famiglie.
3.3. Interpretazione dei dati statistici volta alla costruzione di indici sintetici riferibili ai seguenti concetti: coerenza tra formazione e occupazione; autonomia professionale; rapporto con colleghi e MMG; rapporto con pazienti e care giver; soddisfazione lavorativa; stress professionale.
3.4.Sulla base della sperimentazione effettuata e dei dati raccolti ed elaborati, individuazione di indicatori utili a valutare l’impatto dell’inserimento di servizi di infermieristica di famiglia e di comunità nella sanità territoriale (es. facilitazione dimissioni precoci dall’ospedale; diminuzione accessi impropri al PS; diminuzione delle ri-ammissioni in ospedale; presa in carico patologie croniche, ecc.).
4. Diffusione dei risultati
4.1.Disseminazione dei risultati finali in un convegno nazionale, in collaborazione con AIFeC e i MMG.
4.2. Disseminazione locale nelle regioni esaminate, attraverso incontri pubblici (convegni, seminari, eventi formativi, ecc.).
4.3.Pubblicazione di un volume collettaneo con una casa editrice nazionale.
4.4. Pubblicazione di uno o più articoli su riviste scientifiche indicizzate nazionali e internazionali.
Risultati attesi
a. Proposta di definizione di due profili professionali (competenze, funzioni e aree di intervento) per l’infermiere di famiglia e quello di comunità, come figure unificate per competenze generali, ma potenzialmente distinte per funzioni. Ciò permetterà di giungere all’individuazione di profili professionali per la pratica infermieristica di famiglia e quella di comunità.
b. Individuazione di indicatori utili a valutare l’impatto dell’inserimento di servizi di infermieristica di famiglia e di comunità nella sanità territoriale (es. facilitazione dimissioni precoci dall’ospedale; diminuzione accessi impropri al PS; diminuzione delle riammissioni in ospedale; presa in carico patologie croniche; miglioramento delle condizioni di salute e della soddisfazione degli assistiti, ecc.)
Indicatori di esito della ricerca:
- Numero di famiglie prese in carico dall’Infermiere di Famiglia nella sperimentazione:
numero minimo previsto: 6 famiglie + 2 case-famiglia
- Numero di infermieri di famiglia e di comunità intervistati:
numero minimo previsto per survey online: 300 casi
numero minimo previsto per indagine qualitativa: 36 casi
- Numero di responsabili del servizio infermieristico e delle cure primarie intervistati
numero minimo previsto: 18 casi
- Numero di pazienti e care giver intervistati
numero minimo previsto: 36 casi
- Numero di convegni, seminari, eventi formativi
numero minimo previsto: 1 convegno nazionale; 5 eventi locali (seminari, eventi formativi, ecc.)
- Numero di pubblicazioni (articoli e volumi)
numero minimo previsto: 1 volume collettaneo; 3 articoli su riviste scientifiche indicizzate nazionali e internazionali.
Bibliografia
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