Studio CECRI analizza il ruolo della spiritualità nei sopravvissuti all'ictus e nei loro caregiver

Studio CECRI analizza il ruolo della spiritualità nei sopravvissuti all'ictus e nei loro caregiver

21/06/2024

“Il ruolo della spiritualità nei sopravvissuti all'ictus e nei loro caregiver: una Revisione sistematica” (“The role of spirituality in stroke survivors and their caregivers: a systematic Review”) dei ricercatori italiani: Ambrosca, Bolgeo, Zeffiro, Alvaro, Vellone e Pucciarelli, è stato pubblicato sul Journal of Religion and Health.
Sebbene diversi studi abbiano analizzato gli effetti della spiritualità sul funzionamento fisico dei sopravvissuti all’ictus e sui loro caregiver, non è stata trovata alcuna Revisione sistematica o metasintesi per identificare le esperienze vissute dagli stessi rispetto alla spiritualità.
Per questi motivi, lo studio mirava ad analizzare quantitativamente e qualitativamente la ricerca relativa a tali esperienze, attraverso 37 pubblicazioni, per un totale di 6850 sopravvissuti all'ictus e 1953 caregiver arruolati.
La spiritualità sembra svolgere un ruolo importante nel migliorare la qualità della vita (QOL) e nel ridurre l’ansia e la depressione sia dei sopravvissuti all’ictus che di chi li accudisce.
L’ictus è una delle principali cause di morte al mondo (Katan & Luft, 2018): l'ultimo rapporto dell'American Heart Association mostra che ogni 3 minuti e 33 secondi qualcuno ne muore. Inoltre, è anche una delle principali cause di grave disabilità a lungo termine. In Europa, ogni anno, si registrano, in media, 1,12 milioni di episodi di ictus e 9,53 milioni di individui che vivono con disabilità derivanti da episodi di ictus (Wafa et al., 2020a, 2020b). E, secondo diversi studi, il numero dei casi è destinato ad aumentare, mentre, quello dei decessi diminuirà, portando a un aumento dei sopravvissuti con problemi psicologici e fisici legati all’evento. Date le gravi disabilità e limitazioni nel quotidiano, circa il 20% dei sopravvissuti all’ictus sperimenta ansia; 1/3 soffre di depressione, disabilità fisiche e psicologiche, esclusione sociale, ridotto funzionamento fisico e scarsa riabilitazione.
Inoltre, l’ictus influenza non solo gli esiti dei sopravvissuti, ma, indirettamente, anche quelli dei caregiver che, ad esempio, sperimentano: ansia, esaurimento, affaticamento (Morais et al., 2012) e anche problemi economici (Ugur & Erci, 2019), con un impatto significativo sulla loro QOL.
Sebbene diversi autori abbiano cercato di identificare variabili che potrebbero migliorare gli esiti dei sopravvissuti all'ictus e dei caregiver, solo in pochi si sono concentrati sull'analisi dell'effetto della spiritualità in tale popolazione.
Per l’OMS, la spiritualità non è sinonimo di religiosità, ma “una variabile legata alle facoltà mentali e qualità morali più elevate”.
E, pertanto, potrebbe essere un’arma potente contro la depressione, aumentando i livelli di speranza e fiducia e attivando meccanismi di coping, utili nelle malattie croniche.
Nello studio italiano si sottolinea l’importanza delle conoscenze su questo tema che medici e infermieri possiedono. Conoscenze utili a garantire una maggiore competenza culturale nei servizi sanitari e, quindi, maggiore sostegno alla comunità, rafforzando i rapporti di collaborazione tra organizzazioni sanitarie e religiose a beneficio di pazienti e familiari.
Una Revisione sistematica sul tema della spiritualità nella diade sopravvissuto all’ictus/caregiver potrebbe garantire strumenti per educare entrambi da parte degli operatori sanitari, visto che un’assistenza infermieristica completa dovrebbe considerarne anche il benessere spirituale.
Il lavoro dei ricercatori del CECRI ha voluto descrivere gli effetti della spiritualità sugli esiti dei sopravvissuti all'ictus e dei caregiver e condurre una meta-sintesi per identificare le esperienze vissute dei sopravvissuti all'ictus e dei caregiver sulla spiritualità.
I risultati contavano un totale di 159 sopravvissuti all'ictus e 115 caregiver. Per quanto riguarda i secondi, la spiritualità ha giocato un ruolo fondamentale nell’assistenza duratura e nell’accoglienza della malattia di una persona cara. Per quanto riguarda la diade caregiver/sopravvissuto all’ictus, la spiritualità ha avuto effetti positivi su entrambi, riducendo lo stress, aumentando l’accettazione della malattia, riducendo l’ansia e la depressione e migliorando la QOL della diade, manifestata anche attraverso la vicinanza dei membri della comunità religiosa a cui appartengono. Il coping spirituale ha un’influenza positiva sul benessere psicologico, migliorando l'adattamento dei sopravvissuti e alcuni studi, condotti sui caregiver, hanno dimostrato che un coping spirituale positivo migliora la qualità della loro vita, riduce l'ansia e la depressione, migliora l’assistenza e diminuisce il carico di lavoro percepito (Kes & Aydin Yildirim, 2020); mentre, al contrario, le strategie di coping negative (ad esempio, vedere la malattia come una punizione di Dio e sentirsene afflitti…) aumentano ansia e depressione.
Se ansia e depressione aumentano con la gravità della disabilità fisica, negli individui con un’elevata spiritualità ciò non accade. Inoltre, un altro studio (Omu et al., 2014) ha osservato che, man mano, che i sopravvissuti all’ictus invecchiano, la spiritualità aumenta.
In questa Revisione sistematica, si è visto che la spiritualità potrebbe avere un effetto positivo sul coping e sull’aderenza alla riabilitazione, migliorando i risultati riabilitativi, come maggiori livelli di equilibrio e mobilità e lo stato funzionale del corpo, aumentando la QOL, riducendo ansia e depressione dei sopravvissuti all'ictus e dei caregiver e riducendo il carico di assistenza. La spiritualità facilita l’accettazione delle disabilità secondarie all’ictus. Questi effetti positivi emersi dagli studi analizzati sono da attribuire al fatto che essi vedono la vita dopo l'ictus come una seconda possibilità, come un dono da sfruttare. Pertanto, i sopravvissuti all’ictus con elevata spiritualità raggiungono un’elevata motivazione e concentrazione, che portano standard più elevati di recupero fisico e rigore al regime terapeutico. Per quanto riguarda la spiritualità nei caregiver, dagli articoli inclusi, è emerso che essa gioca un ruolo essenziale nel ridurre il peso dell'assistenza. Questo fenomeno si spiega con il fatto che, attraverso la spiritualità, l'attenzione dei caregiver non è stata rivolta al tempo libero di cui sono privati o al fatto di avere maggiori difficoltà in ambito lavorativo o sociale, ma, piuttosto, nel prendersi cura dei propri cari come atto di fede, riconoscendo a se stessi i progressi riabilitativi nella fase post-ictus. I caregiver con livelli di spiritualità più elevati apprezzano meglio il sostegno fornito dalla società, riuscendo a capire quando è necessario chiedere il supporto degli operatori sanitari.
Il nostro studio fornisce un supporto inestimabile agli infermieri coinvolti nell’assistenza ai sopravvissuti all’ictus e ai loro caregiver, nel fornire interventi che possano implementare la loro spiritualità. In particolare, l’adozione di un approccio spirituale si è rivelata di grande aiuto per i sopravvissuti all’ictus nel ridurre l’ansia e la depressione e nel migliorare la loro QOL.
Questo studio aiuterà gli operatori sanitari ad agire sullo sviluppo della spiritualità dei caregiver per evitare oneri a carico di chi si prende cura dei sopravvissuti all’ictus, riducendo anche il numero di ricoveri e le ricadute.

Doi: 10.1007/s10943-024-02029-0