Studio italiano analizza il contributo dei caregiver informali nell'auto-cura dei pazienti trattati con agenti antitumorali orali
Sull’European Journal of Oncology Nursing è possibile reperire l’articolo: “Contributo dei caregiver all’auto-cura dei pazienti trattati con agenti antitumorali orali: uno studio descrittivo-qualitativo”, a cura di: Fabio Sollazzo, Marco Di Nitto, Lorenza Rosito, Francesco Torino, Rosaria Alvaro, Federica Lacarbonara, Ercole Vellone e Angela Durante.
Per gestire adeguatamente la terapia con agenti antitumorali orali (OAA) vanno implementati comportamenti appropriati di auto-cura. I caregiver informali, infatti, potrebbero supportare e contribuire alla cura di sé del paziente. Pertanto, questo studio mirava ad esplorare e descrivere il contributo del caregiver alla cura di sé e la relativa esperienza di cura tra quelli informali di pazienti in terapia con OAA.
Lo studio è stato condotto attraverso interviste semi-strutturate (poi trascritte, lette e analizzate con analisi del contenuto deduttivo e induttivo, secondo Mayring), che includevano caregiver informali adulti (>18 anni) di pazienti anziani (>65 anni) con neoplasie solide, sottoposti a terapia con OAA per almeno tre mesi. Sono stati intervistati 23 caregiver, con età media di 57,2 (SD ± 15,8) e, dall’analisi qualitativa del contenuto, trovati un totale di 18 codici, di cui dieci si riferivano al contributo del caregiver e classificati nelle tre dimensioni di mantenimento della cura di sé (comportamenti per mantenere stabile la malattia; monitoraggio dei sintomi ed effetti collaterali della cura di sé e gestione del peggioramento dei sintomi), secondo la Teoria di medio raggio della cura di sé delle malattie croniche.
L'esperienza è stata aggregata in due temi principali: aspetti negativi (ad esempio, carico, stato emotivo, abnegazione, isolamento sociale) e aspetti positivi del caregiving. Gli operatori sanitari dovrebbero considerare l’importanza del ruolo del caregiver informale nel supporto alla persona trattata con OAA, tenendo conto anche delle sue esigenze di prevenire situazioni gravose. Bisognerebbe incoraggiare la comunicazione e l’educazione nella diade (caregiver/paziente), affinchè si faccia strada una visione olistica della cura, con un approccio centrato sul paziente. Chiaramente, dovrebbero essere effettuati ulteriori studi qualitativi e con metodi misti, visto che i risultati di questo rappresentano solo un primo passo nella comprensione della cura di sé nel paziente adulto: un processo complesso in cui il contributo del caregiver può svolgere un ruolo cruciale.
Gli operatori sanitari dovrebbero considerare l’importanza dei caregiver familiari nel sostenere il proprio caro e aiutarli a comprendere fino in fondo il proprio ruolo, affinchè aiutino a migliorare la cura di sé del paziente, preservando, al contempo, il proprio benessere.